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«Così ho tradotto le conversazioni inedite di Ungaretti». Lo scrittore Hamza Zirem si racconta

Un incontro, quello tra il traduttore Hamza Zirem e il testo Propos improvisés, da cui prese il via il percorso di “Conversazioni radiofoniche“, inedito pubblicato per la prima volta in italiano da Editrice Universosud e presentato ufficialmente a Potenza lo scorso 30 ottobre. Un libro che ripercorre, attraverso le interviste fatte a Giuseppe Ungaretti dall’intellettuale Jean Amrouche, alcuni tratti fondamentali della vita e della poetica di uno dei più importanti autori del novecento italiano.

Ne abbiamo parlato proprio con Hamza che, insieme alla dottoressa Filomena Calabrese, ne ha curato la traduzione dal francese all’italiano e che per primo è venuto in contatto, appunto, con il testo francese, decidendo di affrontare il lungo percorso di una traduzione italiana che ci restituisse in pieno lo spirito di quelle interessanti conversazioni.

Vorrei cominciare questa chiacchierata insieme ad Hamza Zirem ripercorrendo i passi che lo hanno portato ad entrare in contatto con questo testo inedito e che lo hanno spinto a tradurlo per la prima volta in italiano. Dove e come inizia il percorso di “Conversazioni radiofoniche”?

Nel 2009 sono stato ospitato dal Comune di Potenza beneficiando di una borsa di studio nell’ambito della rete internazionale per scrittori ICORN. Il 28 gennaio 2009 ho tenuto una conferenza alla Sala dell’Arco del Comune sul tema “Il percorso letterario e politico di Jean Amrouche”. Preparando la mia conferenza, cercavo la traduzione delle conversazioni radiofoniche di Amrouche con Ungaretti che avevo già letto in francese all’inizio degli anni novanta, ma non trovavo nessuna traccia in italiano. Ho contattato la responsabile dei diritti all’Estero della casa editrice parigina Gallimard, Barbara Angerer, e ho scoperto con stupore che i “Propos improvisés” che Philippe Jaccottet (uno dei maggiori poeti di lingua francese, traduttore di Ungaretti, Leopardi, Montale e tanti altri autori) ha curato nel 1972 non sono mai stati tradotti in italiano. Abbiamo deciso, io e mia moglie Filomena Calabrese, di tradurre l’opera. Per avere le autorizzazioni per la pubblicazione in italiano delle Conversazioni radiofoniche tra Jean Amrouche con Giuseppe Ungaretti ho iniziato i contatti nel 2011; ho contattato, prima, Philippe Jaccottet poi Anna Maria Ungaretti, la figlia del poeta italiano e Pierre Amrouche, il figlio di Jean Amrouche. Tutti hanno accolto la mia richiesta in modo positivo. Ho chiesto alla Prof.ssa Valeria Sperti di scriverci una prefazione, e lei ha curato un saggio molto interessante che è all’interno del libro. Ho chiesto al massimo critico e biografo di Ungaretti, Leone Piccioni, di scriverci una postfazione, era felice della mia sollecitazione. Nel 2014 abbiamo deciso di pubblicare la traduzione in una casa editrice lucana, abbiamo fatto la proposta all’editore Antonio Candela, che ha contattato Gallimard e ha acquisito i diritti d’autore, ma dopo la morte della figlia di Ungaretti il progetto è stato bloccato per qualche anno, invece le case editrici UniversoSud e Gallimard sono rimaste in continuo contatto fino alla risoluzione del problema.

Immagino lei abbia sentito la responsabilità di una traduzione così rilevante perché relativa ad una delle personalità di maggior rilievo della letteratura contemporanea. Quali sono le sfide che ha dovuto affrontare approcciandosi alla traduzione di un testo così interessante che ripercorre un pezzo importante della storia della letteratura italiana ed anche mondiale?

Nella premessa del libro ho spiegato come abbiamo proceduto nella traduzione. Abbiamo ricostituito per intero le Conversazioni, mettendo insieme due testi: la nostra traduzione dell’opera curata da Jaccottet corredata da alcuni passi di Vita d’un Uomo, che hanno specificità e finalità diverse. Nel primo, la circostanza del genere radiofonico, con le risposte talvolta esitanti di Ungaretti e il forbito incalzare di Amrouche, sono parte integrante dei Propos improvisés che restituiamo al lettore nella loro forma originale. Nel secondo, abbiamo inserito alcuni passaggi delle Conversazioni che Giuseppe Ungaretti ha già tradotto per Vita d’un uomo: non è pensabile infatti ignorare la rielaborazione del poeta, le sue scelte lessicali e sintattiche, la sua musicalità e il ritmo che ha scelto per il suo racconto. Speriamo di aver ottenuto un prodotto filologicamente adeguato. Abbiamo già riscontrato tanti pareri positivi. Jaccottet, Piccioni ed altri sono rimasti molto soddisfati della nostra traduzione e le loro opinioni ci rendono felici

“Conversazioni radiofoniche” è sicuramente un testo particolare, poiché allontana il lettore dalla conoscenza “scolastica” di Ungaretti, a cui tutti siamo abituati, avvicinandolo ad una dimensione più personale dell’autore. Com’è stato per lei “conoscere” Ungaretti e riscoprirlo attraverso le sue stesse parole?

Ho letto per la prima volta in lingua francese alcune poesie di Ungaretti negli anni ottanta. Durante i miei studi universitari negli anni novanta ho letto e molto apprezzato Propos improvisés ma non avrei mai immaginato di tradurlo in italiano. Il libro mi ha avvicinato di più all’opera dell’autore italiano. Nelle Conversazioni radiofoniche il racconto dialogato della vita e dell’opera ci permette di conoscere il pensiero molto profondo di Ungaretti. Le Conversazioni radiofoniche sono molto interessanti ed originali: con una grande profondità d’idee, Ungaretti ripercorre diversi momenti della sua vita, analizza le liriche legate alle sue varie esperienze e affronta tematiche di vasta portata (l’infanzia in Egitto, i suoi incontri a Parigi con Apollinaire, Modigliani e i maggiori esponenti delle avanguardie, la scoperta dell’Italia, il periodo trascorso in Brasile, il dolore, la guerra, il barocco…).

Amrouche riesce, attraverso le sue domande, a far emergere lati della personalità e della vita di Ungaretti che probabilmente lo stesso autore, dal carattere molto schivo e riservato, non comprende a pieno e che è riluttante ad affrontare. Cosa ne pensa di questa “tenzone” che si viene a creare tra questi due grandi intellettuali?

Jean El Mouhoub Amrouche è un autentico poeta e un bravissimo critico letterario. Aveva svolto un’intensa attività radiofonica, ha animato diverse trasmissioni, dal 1938 al 1961, dialogando con i più grandi autori del suo tempo. Con le sue lunghe conversazioni a puntate ha inventato un nuovo genere radiofonico. Nella postfazione di Conversazioni radiofoniche, Leone Piccioni scrive: “Amrouche è un uomo di grande cultura, di grande spessore umano e può dialogare con Ungaretti quasi da pari a pari, come ha fatto in tante altre interviste a uomini di grande statura”. Nella rivista Southern Magazine, Daniele Brancati scrive: “La forza di Conversazioni radiofoniche risiede sicuramente nel fatto che il testo ci avvicina a due importantissimi uomini di cultura del ‘900, ma soprattutto, a nostro parere, nel fatto che Jean Amrouche, dall’alto della sua vastissima cultura e acuta sensibilità, conduce uno dei massimi autori italiani del novecento letterario ad esplorare la propria vita e la propria poesia, permettendoci così di assistere allo spettacolo unico di un poeta straordinario che, a posteriori, e con l’aiuto di una singolare guida, si cala dentro se stesso e la sua opera in maniera autentica e, una volta di più, poetica”.

Quali consigli darebbe a chi si avvicina alla lettura di “Conversazioni radiofoniche” per respirare al meglio l’atmosfera delle interviste tra Ungaretti e Amrouche?

Il pensiero di Ungaretti rappresenta una delle voci più importanti della letteratura contemporanea. Di Ungaretti si devono leggere principalmente le poesie, tuttavia non vanno dimenticati i saggi, le diverse corrispondenze letterarie, le interviste e le traduzioni. Spero che i lettori delle Conversazioni radiofoniche saranno interessati a scoprire anche Jean Amrouche, molto sconosciuto in Italia perché le sue opere letterarie rimangono ancora non tradotte in italiano. Stiamo traducendo, io e mia moglie, alcuni dei suoi testi come “L’eterno Giugurta” e “Canti berberi di Cabilia”. La famiglia Amrouche è composta da intellettuali. La sorella di Jean, Marie Louise Taos Amrouche, è stata una celebre scrittrice e cantante. Il figlio di Jean, Pierre Amrouche, è noto critico di arte africana. La madre di Jean, Fadhma Ait Mansour Amrouche, è autrice del libro “Storia della mia vita”, tradotto in italiano e pubblicato da Aracne nel 2013.

 

[fonte Il Mattino di Foggia]